Il sole brucia. La storia dei prodotti antisolari ha origini antiche quanto la razza umana, da quando i fanghi (così come fanno ancora altri mammiferi) venivano impiegati per proteggersi da effetti dannosi, come gli eritemi, o quando per ragioni estetiche gli antichi egizi usavano ingredienti come crusca di riso, gelsomino e lupino per bloccare gli effetti abbronzanti del sole sulla pelle.
“Ormai tutti sappiamo delle conseguenze della foto esposizione, del suo impatto sulla salute generale dell’individuo e della sua pelle, così come abbiamo compreso che la fotoprotezione deve far parte del percorso educativo dei giovani” – ha spiegato il Prof. Leonardo Celleno, dermatologo e presidente AIDECO – “In tal senso è proprio il dermatologo che dovrà essere, ancora più di prima, il protagonista per una maggiore diffusione ed uso dei prodotti per la fotoprotezione promuovendo e conducendo valide campagne educazionali rivolte ai più giovani, ancora troppo rare ed episodiche nel nostro paese”.
Se da un lato molte persone hanno ormai recepito l’importanza di proteggersi dall’eccesso di esposizione solare, moltissimi ancora oggi vedono nell’abbronzatura uno “status” che dimostra la loro vacanza o il loro stile di vita e, certamente, non si preoccupano dell’esposizione selvaggia a cui sottopongono i loro figli. Il difficile sta nel far conciliare l’irrinunciabile piacere del sole e della vita all’aria aperta con un comportamento responsabile che eviti i potenziali pericoli del sole.
Aspetti educativi a parte, il dermatologo deve riflettere sull’uso della fotoprotezione.
“Continuare a proporre genericamente una foto protezione ad ampio spettro 50+ a tutti i suoi pazienti, è ormai percepito come scontato dal paziente e forse deludente. La fotoprotezione deve essere più personalizzata, specifica per i bisogni che chi ci consulta presenta. I prodotti di protezione solare offrono questa possibilità perché, quelli ad uso dermatologico, sono formulati per tener conto dei problemi cutanei che i pazienti possono presentare” – ha aggiunto Celleno.
Pur garantendo il più elevato fattore di SPF, il moderno prodotto “antisolare”, è stato studiato per coadiuvare un’azione terapeutica che non deve essere interrotta se ci si espone al sole.
“Possiamo addirittura operare un filtraggio selettivo della gamma di radiazioni che vogliamo bloccare o, al contrario, possiamo far passare e far giungere alla cute quella gamma di radiazioni, come l’UVB a banda stretta o L’UVA lungo vicino al blu, che possono esercitare un’azione terapeutica ben definita” – ha consluco Celleno – “Inoltre, i suoi ingredienti, eccipienti e principi funzionali sono selezionati per risultare ben tollerati e utili per le problematiche cutanee con cui il prodotto si deve confrontare: pelle sensibile, macchie brune, acne, etc. Così se il paziente ha la rosacea o una pelle “stressata” dai trattamenti farmacologici, è bene prescrivere un prodotto idoneo che aiuti la terapia medica che si è instituita.Oltre a produrre un effetto benefico questo migliorerà di molto la “compliance” del paziente che non solo non dovrà rinunciare al sole, ma si sentirà seguito ancor meglio dal proprio dermatologo. In altre parole, per molti dei problemi cutanei il fotoprotettore offre oggi non solo un sicuro elevato SPF, ma anche una risposta coadiuvante la terapia. È il concetto della fotoprotezione dedicata, l’evoluzione della fotoprotezione. Non più solo il massimo attualmente ottenibile come SPF, ma anche uno strumento innovativo, “multitasking”, per provvedere alle molteplici esigenze dei pazienti”.
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